Votato all'unanimità dal Consiglio dei ministri il nuovo decreto aiuti militari all’Ucraina e nuove norme per diversificare le fonti energetiche, riaprendo le centrali a carbone.
Anticipava qualche giorno fa il presidente Mario Draghi la possibilità di tornare, momentaneamente, al carbone nel caso in cui la Russia chiudesse le forniture di gas dopo l'invasione dell'Ucraina:
"Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell'immediato. Il governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell'energia, ove questo fosse necessario".
Dato il livello di rischio riguardo al normale funzionamento del sistema di gas naturale nazionale, si autorizza l’adozione di misure per la produzione di gas previste in casi di emergenza. La norma prevede la riduzione del consumo di gas delle centrali elettriche attive, attraverso la produzione da altre fonti, oltre al contributo già dato dalle energie rinnovabili. Agli impianti si applicheranno limiti europei di emissioni di Co2, meno restrittivi di quelli nazionali.
Centrali a carbone riattivate per l’emergenza gas, ma vanno chiuse entro il 2025
Conferenza di Glasgow del novembre 2021: l’Italia si impegnava a ridurre il più possibile l’utilizzo del carbone nelle sette centrali elettriche che ancora lo utilizzano, con l’obiettivo di chiuderle o riconvertirle entro il 2025, con 5 anni di anticipo rispetto ai piani europei.
Ma l’invasione russa in Ucraina ha generato un imprevisto energetico. Ieri è arrivata la comunicazione ufficiale durante il Consiglio dei Ministri, si occuperà del “livello di rischio imprevisto”. Se scatteranno i razionamenti del consumo di gas “nel settore termoelettrico”, Terna dovrà predisporre “un programma di massimizzazione dell’impiego degli impianti di generazione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 Megawatt che utilizzino carbone o olio combustibile in condizioni di regolare esercizio, per il periodo stimato di durata dell’emergenza” o fino a quando indicato dal ministero per la Transizione ecologica.
Palazzo Chigi ha autorizzato ad anticipare l’adozione di misure per l’aumento della disponibilità di gas previste in casi di emergenza.
In Italia contiamo 7 centrali a carbone, ma dovranno essere dismesse o convertite entro la fine del 2025 (secondo il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec) del ministero dello Sviluppo Economico).
Gli impianti si trovano a La Spezia, in Liguria; a Fiume Santo, in Sardegna; a Portoscuso, in Sardegna; a Brindisi, in Puglia; a Torrevaldaliga, nel Lazio; a Fusina, in Veneto; a Montefalcone, in Friuli Venezia Giulia.
Non possiamo più dipendere dal gas russo.
La soluzione è l'energia rinnovabile.
L’Italia produce il 60 per cento dell’elettricità utilizzando il gas, metà del quale arriva proprio dalla Russia. Dobbiamo aumentare l’indipendenza energetica: è una questione di sicurezza nazionale e ambientale. L’elettricità prodotta col gas dovrà passare dal 60 al 30 per cento entro il 2030, per ridurre le emissioni di CO2 del 2030.
Dobbiamo lavorare per le rinnovabili. Nel mondo, gli investimenti nelle rinnovabili e nella transizione energetica hanno raggiunto una crescita del 27 per cento solo nell’ultimo anno.
La nostra bolletta è legata al destino del prezzo del gas, sarà sempre più elevata. Dobbiamo intervenire subito.
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